Il trillo del Nokia imperversava
nella scrivania con inedita insistenza.
“Pronto Vittorio? ciao sono Patrizia, allora vieni ad Andora?”
“Veramente ti avevo già detto che non posso fare l’apripista,
ho un sacco di casini”
“Veramente…. Ehm ! Veramente saresti iscritto”
“Come iscritto!”
“Si dai ti prego vieni ti ho iscritto al posto di un pilota
che non può correre, è un regalo personale”
“Urca! Fammi vedere se riesco a farmi almeno la licenza perché
qui è sempre un casino”
“Dai dai… ti richiamo tra un ora”
Accidenti qui iniziava il casino.
Chiamai Beatrice che dal mio sguardo immaginò subito qualcosa
di tremendo.
“Senti Bea… mi hanno invitato a correre ad Andora… La Miciu,
non posso dirgli di no, senti in giro se mi fanno la visita
medica così domani faccio la licenza”.
“Pronto Patty? Senti nei prossimi giorni dovrei trovare un
buco per la visita poi in settimana faccio la licenza, dovrei
farcela”
“Vittorio… il rally e dopodomani!”
“Azz. Ma che giorno siamo?”
“Giovedì!”
“Ma è questa domenica?”
Intanto dall’altra parte dell’ufficio arriva la notizia che le
visite vanno almeno per una settimana in tutto il Veneto.
“Parti, vieni giù e vediamo se riusciamo a sistemarti devi
essere qui entro le 11 domani mattina”
“Bea… hai visto la mia tuta in giro?”
“L’avevi prestata a Baù qualche anno fa, non mi pare che
l’abbia riportata, vediamo!”
Ci furono un paio di ore di panico, la tuta, i guanti i
sottocaschi, le calze, l’unica roba a portata di mano era il
casco.
La tuta spuntò all’improvviso in mezzo alle altre dall’armadio
che chiamo museo, una specie di caverna di Alì Babà in cui c’è
di tutto. La infilai tra le risate generali, per chiuderla
dovetti sdraiarmi per terra, mentre le scarpe erano solo del
1986, sopravvissute alla malefica Escort Turbo che dal momento
che questa si rompeva sempre non si erano consumate più di
tanto, vecchie solo di 19 anni.
I guanti Liatti me li aveva regalati in segno di amicizia e di
solito mia figlia Valentina gioca a Colin McRae lei stessa me
li consegna con affetto mi sento strano ma non emozionato. La
bimba ride “Sembri quello degli Incredibili” mi spiattella,
tanto per far risaltare la mia taglia XXL.
“Senti Vittorio, ma per andare in Svezia come fai?”
“Beh, torno a casa c’è una settimana ancora”
“No caro hai l’aereo lunedì alle 7 del mattino da Verona”
“Azz. ma sei sicura che è questa settimana?”
Guardiamo assieme il calendario e in effetti l’intoppo è
piuttosto rilevante.
“Senti fammi la valigia anche per la Svezia, domenica dormo a
Verona e poi mi imbarco, non riesco a tornare a casa”
Finalmente alle 17 riesco a partire, per strada chiamo un paio
di persone per rimandare degli appuntamenti e mi sparo verso
Andora.
Il venerdì è tutto dedicato alla visita medica e alla licenza,
che mi vengono rilasciate a tempo di record.
“Lei ha la pressione alta, niente sale e si tenga riguardato”
Mi ammonisce il medico sportivo.
“Sarò un po’ stressato o magari emozionato”
La sera andiamo a provare la macchina, la fatica più grossa è
farmi star seduto dentro.
“Per me va anche troppo forte” Dico ai meccanici che mi
assistono amorevolmente.
Sabato ricognizioni, siamo tra i primi e le strade si vede che
sono state duramente provate nei giorni precedenti, non è un
mistero in queste gare praticamente tutti provano per i fatti
loro, una norma che dovrebbe andare rivista.
Tutto sommato sono felice di esserci, in fin dei conti mi
sento come uno scolaretto che infila la porta della scuola per
la prima volta.
Alla fine della seconda prova trovo Noberasco e Capolongo,
quasi quasi mi scende una lacrima.
“Ti ricordi il salto quassù? “
“Belin dovevi infilarti nel prato per raddrizzare quella
sinistra!”
Gli altri ci guardano silenziosi, forse rispetto o forse
compassione, chi lo sa.
Facciamo i quattro passaggi di regolamento e ce ne andiamo a
mangiare, come una volta.
Il clima è buono anche se non manca il solito polemico che
strumentalizza questa partecipazione pensando che io sia sceso
in Liguria per fare chissà cosa.
L’ignoranza è la causa di
tutti i mali, in effetti. Alla bella età di quasi cinquant’anni,
e dopo 15 anni che non partecipo ad un rally, non posso forse
prendermi il lusso di farmi uno sprint (non il Mondiale) per
divertirmi e per gratificare chi mi da la macchina, senza che
vengano tirati in ballo assurdi discorsi o peggio ancora
pubbliche minacce di mettermi chiodi o putrelle in mezzo alla
strada, si vede che per correre dovrò chiedere il permesso a
questo nefando personaggio, che se solo guardasse se stesso
avrebbe molto da fare, risultati di carriera compresi.
Tuttavia l’affetto e la stima che tutti mi dimostrano per
fortuna cancellano subito questi momenti di amarezza e la
voglia di correre mi ritorna immediatamente.
Partiamo in una gelida mattinata con venticello che fa
somigliare il lungomare di Andora alla città di Karlstad in
Svezia.
Simona che mi naviga è più agitata di me, sente la gara, io
no, mi sembra di essere fuori e di guardarmi da una finestra.
Al parco il primo problema, l’interfono non funziona, proviamo
di tutto ma non va.
“Come facciamo?” mi dice quasi disperata.
“Tranquilla che una soluzione la troviamo”
Mancano una decina di chilometri alla prima prova quando vedo
una casa con un giardino ben curato.
“Scendi e chiedi se ti danno un metro di canna di quella per
innaffiare il prato”
Simona mi guarda stupita ma scende ed esegue in meno di un
minuto.
Sale in macchina e mostrandomi la canna mi chiede
“Eccola ma che vuoi fare?”
Intanto sono ripartito con il casco in testa, mi infilo la
canna sotto il casco vicino all’orecchio destro, gliela porgo
e dico “Prova a parlare?”
“Faremo chiudere tutte le ditte di interfoni” le dico ridendo.
Funziona e funziona bene, ricordo sempre una foto di Andruet
con l’Alpine che aveva un sistema del genere, anche diventar
vecchi serve a qualcosa.
La prima prova non va poi male, mi entra due o tre volte la
quinta anziché la terza e spesso il piede si alza senza che io
lo voglia, ma cambia poco, mi pare quasi di andar forte ma dai
tempi invece pare proprio di no, mi manca l’adrenalina della
gara, non la sento proprio, mi pare di essere lì a fare dei
test, la mia andatura e sicura senza sbavature ma
evidentemente piuttosto lenta.
Quindici anni senza rally si sentono, anche perché
agonisticamente questi sono completamente spariti dalla mia
testa, non è vero che ora si va più forte di allora, nei rally
si è sempre andati forte, dai tempi di Munari ad oggi, solo
che come in tutto bisogna restarci dentro per essere
competitivi, bisogna conoscere bene la macchina e anche la
gara, cosa che sicuramente non ho potuto fare.
In totale nelle prime tre prove mi diverto, poi andiamo al
parco dove ci viene montato un interfono nuovo, ma questo dura
soltanto due curve lasciandomi totalmente senza note, il fatto
che il tempo peggiori solo di un paio di secondi dimostra che
vado ancora troppo a vista nonostante la bravura di Simona ad
urlarle con la voce di una soprano e sparando numeri con le
dita come se fosse quella del telegiornale delle 17.
Il fine prova è quasi un sollievo.
Fuori di nuovo il tubo, e via per la prossima prova, qui la
macchina si spegne nelle curve a sinistra perdendo colpi,
forse manca un po’ di benzina, ma ormai non è che faccia molto
danno.
L’ultima prova parto deconcentrato per tutto il primo tratto
le note sono solo un fastidioso rumore “del tubo” poi su una
destra che chiude prendo un bel rischio e riparto ma ormai
sono già alla fine.
All’arrivo mi fanno una gran festa, abbraccio Mauro Moreno che
ha fatto un garone perdendo il secondo posto per uno stupido
testacoda, ricorda la sua Sabrina che sicuramente ci ha
guardato da lassù e per un momento la commozione è altissima.
Vado a fare i complimenti a Condrò che ha tenuto un passo
impressionante, mi guarda e abbassa gli occhi quasi con
timidezza, forse non se lo aspettava “Sei stato bravissimo
Albino, davvero grande” gli batto due colpi sulla spalla.
Poi i ragazzi dell’assistenza, Patrizia, Fabio e “Tama” che mi
hanno sopportato in questi due giorni.
Per me è stato bellissimo, non so se ci riproverò ma ora la
voglia è davvero tanta.
Grazie a tutti!
foto Stefano Romeo
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